“Mobbing” e Diritto Penale?

di | 3 febbraio 2011

Con la sentenza n. 685 del 13 gennaio 2011, la Suprema Corte di Cassazione ha affermato un interessantissimo principio giurisprudenziale alla luce del quale, quantomeno allo stato attuale, il cd. “mobbing” troverebbe tutela e punizione ai sensi dell’art. 572 (“Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli”) del Codice Penale “esclusivamente nel caso in cui il rapporto tra il datore di lavoro e il dipendente … assuma natura para-familiare, in quanto caratterizzato da relazioni intense ed abituali, da consuetudini di vita tra i detti soggetti, dalla soggezione di una parte nei confronti dell’altra, dalla fiducia riposta dal soggetto più debole del rapporto in quello che ricopre la posizione di supremazia“.

E’ la stessa Corte di Cassazione, sembrerebbe quasi con una leggera vena polemica tale da stuzzicare l’attenzione del Legislatore, a rilevare come “nel nostro Codice Penale, nonostante una delibera del Consiglio d’Europa del 2000 che vincolava tutti gli Stati membri a dotarsi di una normativa corrispondente, non v’è traccia di una specifica figura incriminatrice per contrastare tale pratica persecutoria definita – mobbing -“.

“E’ certamente percorribile, invece, la strada del procedimento civile, costituendo il – mobbing – titolo per il risarcimento del danno eventualmente patito dal lavoratore in conseguenza di condotte ed atteggiamenti persecutori del datore di lavoro o del preposto. La responsabilità datoriale ha natura contrattuale ex art. 41; il legittimo esercizio del potere imprenditoriale, infatti, deve trovare un limite invalicabile nell’inviolabilità di tali diritti e nella imprescindibile esigenza di impedire comunque l’insorgenza o l’aggravamento di situazioni patologiche pregiudizievoli per la salute del lavoratore, assicurando allo stesso serenità e rispetto nella dinamica del rapporto lavorativo, anche di fronte a situazioni che impongano l’eventuale esercizio nei suoi confronti del potere direttivo o addirittura di quello disciplinare”.

Per il testo integrale della sentenza di Cassazione Penale, Sez. IV, n. 685 del 13.01.2011 si veda: Altalex.

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