Legittimo il licenziamento del lavoratore in caso di violazione dell’obbligo di fedeltà.

di | 27 aprile 2015

Con sentenza n. 144 del 09 gennaio 2015 la Corte di Cassazione ha statuito che “l’obbligo di fedeltà a carico del lavoratore subordinato ha un contenuto più ampio di quello risultante dall’art. 2105 c.c., dovendo integrarsi con gli artt. 1175 e 1375 c.c., che impongono correttezza e buona fede anche nei comportamenti extralavorativi, necessariamente tali da non danneggiare il datore di lavoro.Pertanto, in tema di licenziamento per violazione dell’obbligo di fedeltà, il lavoratore deve astenersi dal porre in essere non solo i comportamenti espressamente vietati dall’art. 2105 c.c., ma anche qualsiasi altra condotta che, per la natura e per le possibili conseguenze, risulti in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa, ivi compresa la mera preordinazione di attività contraria agli interessi del datore di lavoro potenzialmente produttiva di danno”.

Nel caso in esame il lavoratore subordinato, a causa delle proprie condizioni fisiche, aveva chiesto ed ottenuto di essere adibito a mansioni ridotte. Contestualmente, tuttavia, lo stesso praticava regolare attività sportiva incompatibile con le proprie condizioni di salute e, per tale motivo, veniva licenziato.

La Suprema Corte ha rilevato come l’attività sportiva svolta dal lavoratore non era compatibile con le sue condizioni fisiche che avevano ridotto la sua capacità lavorativa con rischio di aggravamento delle condizioni stesse e, pertanto, ha ritenuto che siffatto comportamento fosse contrario ai doveri di buona fede e correttezza ed ha considerato, sotto il profilo valutativo, anche ai fini della proporzionalità della sanzione, detto comportamento grave ed irrimediabilmente lesivo del rapporto fiduciario con l’azienda, posto che, proprio in ragione delle sue condizioni di salute, il datore di lavoro lo aveva assegnato a mansioni ridotte e diverse da quelle precedentemente svolte, sopportando un inevitabile danno dal punto di vista dell’efficienza produttiva ed organizzativa.

La Corte di Cassazione, inoltre, ha altresì escluso che il lavoratore, in buona fede, avesse potuto ignorare tale circostanza considerato come ben sapesse di essere stato adibito mansioni ridotte proprio per le sue condizioni fisiche.

Per il testo integrale della sentenza si veda Altalex.

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