Taekwondo: risponde penalmente l’allenatore che non imponga l’uso del casco agli allievi.

di | 27 ottobre 2014

Con la sentenza n. 31734 del 18.07.2014 la Sezione IV Penale della Corte di Cassazione si è trovata a pronunciare sul caso di un allenatore di arti marziali chiamato a rispondere penalmente delle lesioni subite da un proprio allievo che stava combattendo senza utilizzare l’apposito caschetto di protezione. La Corte, decidendo sul caso, rilevava come “l’allenatore di una disciplina sportiva è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40, co. 2 c.p., a tutela della incolumità degli atleti, sia in forza del principio del neminem laedere, sia quando ci si trovi di fronte ad una attività da qualificarsi pericolosa, ai sensi dell’art. 2050 c.c. Ne discende che l’omessa adozione di accorgimenti e cautele idonei al suddetto scopo, in presenza dei quali l’incidente non si sarebbe verificato od avrebbe cagionato pregiudizio meno grave per l’incolumità fisica dell’atleta, costituiscono altrettante cause dell’evento. Posto dunque che l’attività sportiva del taekwondo (benché non assimilabile alle discipline qualificabili come “sport estremi” ovvero all’automobilismo od al motociclismo od all’alpinismo) è comunque attività pericolosa, in ragione dei coessenziali rischi per l’incolumità fisica degli atleti, dalla stessa derivanti, deve affermarsi che la posizione di garanzia di cui l’allenatore è investito implichi la sicura imposizione di porre in atto quanto è possibile per impedire il verificarsi di eventi lesivi per coloro che praticano detto sport. (Nella fattispecie, il Giudice accertava che all’omessa adozione del casco protettivo si era accompagnata la circostanza che l’allenamento si era svolto su superficie assolutamente inidonea, poiché non soltanto costituita da materiale rigido e scivoloso, tipo linoleum, anziché legno – come normalmente avviene -, ma anche sfornita della necessaria protezione del tatami, che sicuramente avrebbero attutito, se non del tutto scongiurato, lo scuotimento della teca cranica)”.

In virtù di questa importantissima pronuncia per delineare il quadro di responsabilità in capo agli allenatori e maestri di discipline da annoverarsi tra quelle pericolose per l’incolumità fisica (come di certo molte delle arti marziali praticate per fine sportivo o di difesa), la Corte chiaramente richiama ad una maggiore attenzione di chi deve curare la sicurezza degli allievi nella predisposizione delle cautele atte ad escludere, o quantomeno minimizzare, i rischi per la salute.

Per un ottimo commento a firma di Guido Camera e per la massima ed il testo integrale della sentenza, si veda Altalex.

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