Utilizzo di un “nickname” altrui: può essere sostituzione di persona (art. 494 c.p.)

di | 29 maggio 2013

Con sentenza n. 18826 del 29.04.2013 la Sez. V Penale della Corte di Cassazione ha stabilito che “nella prospettiva del soggetto privato vittima del reato, dunque, appare incontestabile che la tutela giuridica apprestata dalla disposizione in parola abbia per oggetto, oltre alla fede pubblica, anche la protezione dell’identità dei terzi, che può essere pregiudicata non solo da possibili usurpazioni, ma anche dall’attribuzione al terzo di falsi contrassegni personali, alla scopo di arrecargli una danno. In tali contrassegni vanno ricompresi quelli, come i cosiddetti “nicknames” (soprannomi), utilizzati nelle comunicazioni via internet, che attribuiscono una identità sicuramente virtuale, in quanto destinata a valere nello spazio telematico del “web”, la quale, tuttavia, non per questo è priva di una dimensione concreta, non essendo revocabile in dubbio che proprio attraverso di essi possono avvenire comunicazioni in rete idonee a produrre effetti reali nella sfera giuridica altrui, cioè di coloro ai quali il “nickname” è attribuito, come accaduto per la M. Nella prospettiva che si propone, dunque, il “nickname”, quando, come nel caso concreto, non vi siano dubbi sulla sua riconducibilità ad una persona fisica, assume la stesso valore dello pseudonimo (in presenza di determinati presupposti, assimilato al nome agli effetti della tutela civilistica del diritto alla identità ai sensi dell’art. 9, c.c.) ovvero di un nome di fantasia, la cui attribuzione, a sé o ad altri, integra pacificamente il delitto di cui all’art. 494, c.p. (cfr. Cass., sez. II, 21/12/2011, n. 4250, P., rv. 252203; Cass. 2224/1969 rv.; Cass, 36094/2006 rv. 235489)“.

Ne deriva che, in presenza di tutti i requisiti richiamati dalla norma incriminatrice (induzione in errore e avere agito al fine di procurare un danno alla persona offesa), l’utilizzo di un nickname altrui può pacificamente integrare il reato di “sostituzione di persona” previsto e punito dall’art. 494 c.p.

Per un ottimo articolo di commento a firma di Michele Iaselli alla citata sentenza e per il testo integrale della stessa, si veda Altalex.

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